martedì 22 luglio 2008

Jarvis e i giornali di domani

Jeff Jarvis è una delle voci più influenti nel dibattito globale sui nuovi media. Nel suo spazio riflette ampiamente delle trasformazioni che le organizzazioni- tutte le organizzazioni- stanno esperendo per effetto della rete internet e delle sue applicazioni sociali.
E in particolare Jarvis- docente di giornalismo presso la City University di NY- si occupa da tempo di come sta cambiando l'organizzazione delle redazioni giornalistiche.

Perché lo tiro fuori qui? Intanto perché è uno che sa di cosa parla. E poi perché le tesi che propone sono spesso visionarie e provocatorie, prefigurando in modo credibile pezzi di futuro diversamente difficili da immaginare.

In uno dei suoi ultimi pezzi, il nostro se ne esce con una tesi bella tranchante su come i giornali/ giornalisti si dovrebbero rispecializzare.
Le aziende di publishing, dice Jarvis, continuano a vedersi come produttori/ distributori di notizie. E, posti di fronte all'innovazione digitale, spendono somme crescenti per creare piattaforme di pubblicazione e distribuzione proprie e proprietarie. E lo fanno, tipicamente, ciascuna per conto proprio (il corriere la sua piattaforma, repubblica la propria, elpais etc etc).

Solo che, dice lui, tutti gli strumenti di cui sopra- tools per la pubblicazione, per la distribuzione, per la raccolta di pubblicità) sono già tutti disponibili, gratis e per tutti. Si chiamano google ads, google alert, google reader, google pippoplutopaperino etc.

Da qui la provocatoria tesi. Se i giornali prendessero atto del nuovo stato di cose, la smettessero di provare a re-inventare la ruota, e facessero proprie le piattaforme di publishin e distribuzione già esistenti, potrebbero:
1. risparmiare somme enormi (somme che molte aziende non si possono cmq permettere)
2. re- incontrarsi con i loro lettori, spesso persi per strada, e che negli ambienti google hanno già i propri spazi
3. [soprattutto] smettere di concepirsi come aziende di distribuzione di notizie, e di raccolta di pubblicità, e tornare a fare il loro lavoro: scrivere.

Quoto l'autore:
Newspapers are in the wrong businesses. They should no longer be in manufacturing and distribution, which have become cost-heavy yokes. And they should no longer try to be in the technology business - because they're bad at it. [...] If any paper, station or site could pluck software from the cloud and freely use and adapt it to perform essential functions then it could concentrate its resources on what matters - journalism.

A corollario del ragionamento, Jarvis anticipa anche le (prevedibili) critiche anti- google (non possiamo metterci in mano a Mountain View etc). Se le aziende editoriali non intendono mettersi in mano ad un attore privato, dice, hanno comunque davanti una possibile strada "pubblica". Si tratta di portare le grandi aziende culturali pubbliche (BBC, RAI etc) a produrre loro- per tutti e una volta per tutte- delle grandi piattaforme alternative a quelle di google. creando spazi di informazione ed incontro per le aziende editoriali, i gruppi associati, i cittadini. Ed offrendo una versione nuova (e utile) del concetto di "servizio pubblico".

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