domenica 15 giugno 2008

dì qualcosa di sinistra: economia e finanza

Nuovo anno, nuove rubriche. con questo slogan, casa genovesi presenta oggi la prima puntata di "dì qualcosa di sinistra", angolo riservato ad articoli, citazioni, scopiazzature e quant'altro, nel web, abbia un pur vago sapore "di sinistra".

dentro "dì qualcosa di sinistra" ci può andare, ovviamente, qualsiasi cosa. qualsiasi cosa riesca a dare un poco di "respiro progressivo" alle cose che ci succedono tutti i giorni. ma non necessariamente le cose che ci andranno saranno "di sinistra" nel senso tradizionale del termine- per capirci, ad esempio, le puttanate di diliberto sulla falce e il martello non ci interessano neanche un pò....

partiamo allora con una cosa di sinistra detta da una donna solidamente ancorata al centro. questa sotto è Angela Merkel, commentata da Joseph Halevi in un articolo comparso su "Il Manifesto" dello scorso 12 Giugno.
temi. il rapporto tra stati e istituzioni sovranazionali, e il rapporto tra economia reale e sistemi finanziari. la merkel, prima ministra di un paese dall'economia *reale* florida, chiede esplicitamente ai suoi pari grado ammerrigani, europei ed emergenti di congegnare più seri strumenti di controllo sui mercati finanziari, in modo che le economie *reali* dei paesi seri non rischino di andare in crash per i giochini dei ragazzi di wall street. slogan: i miei cittadini non vogliono fallire per colpa dei mutui subprime.
NB: l'articolo è stato riportato integralmente, perché al mani dopo un pò cancellano gli archivi digitali. scusate la lungaggine.
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La svolta di Angela Merkel
Joseph Halevi

In sintonia con l'ultima visita di George Bush in Europa si è aperto ieri un nuovo fronte economico, di non breve durata, tra la Germania e gli Stati uniti su una questione di fondamentale importanza: l'assetto del sistema finanziario dopo lo sconquasso causato dalla crisi del mercato dei mutui subprime. Ad aprire il fronte è stata la cancelliera tedesca Angela Merkel in una lunga intervista al Financial Times di ieri 11 giugno.
«Il modello di regolamentazione è fallito dice Merkel», apriva il quotidiano londinese. Il riferimento esplicito è al sistema finanziario anglosassone ed ai suoi criteri di regolamentazione e controllo che sono rimasti sostanzialmente inalterati.
Anche nelle riforme suggerite dalla commissione internazionale dei G7 presieduta da Mario Draghi, il Financial Stability Forum.
La cancelliera sviluppa la sua critica contrapponendo economia produttiva ad economia finanziaria e scegliendo la prima come asse portante dell'economia e della società della Germania Federale. In questo contesto l'intervista di Angela Merkel riafferma l'egemonia tedesca in Europa e formula, in un'accezione tutta adenaueriana, un nuovo ruolo per l'Unione europea in contrapposizione al sistema finanziario anglo-americano. La dimensione eminentemente tedesca della posizione di Merkel scaturisce dal fatto che da due anni e mezzo la crescita della Germania è trainata dalle esportazioni. Oggi il saldo netto nei conti correnti con l'estero si situa sul 6,1% del Pil, uno dei livelli più alti dal 1945 in poi. Tale eccedenza proviene principalmente dagli scambi di merci con il resto dell'Unione europea, con gli Usa e con i paesi petroliferi del medioriente. Nei confronti della Cina e del Giappone invece la Germania è deficitaria. Malgrado ciò il saldo con la Cina dei maggiori settori di macchinario è in attivo. Questo significa che l'eccedenza con il resto dell'Europa è fondamentale per l'accumulazione di profitti per l'insieme del capitalismo tedesco che può sostenere anche l'espansioni dei suoi settori tenologici nel mercato cinese con cui la Germania è deficitaria. Il potenziamento della dinamica industriale è, di conseguenza, un' esigenza ineluttabile per la Germania. La politica neoliberale della Spd alterava le priorità strategiche del capitalismo tedesco.
Capovolgendo invece l'ottica favorevole al sistema finanziario anglosassone di tre anni fa, la cancelliera Merkel afferma che «chi compra un laser in Germania sa cosa compra mentre i mercati finanziari sono molto più opachi. Quando i finanzieri si comportano in maniera irresponsabile, l'industria agisce da parafulmine scaricando le tensioni nel terreno. Questo stato di cose deve cambiare in modo che, sottolinea la Merkel, un paese come la Germania che ancora produce una grande quantità di prodotti industriali non debba sopportarne i rischi economici».
Per Angela Merkel garantire la continuazione della strategia basata sulle esportazioni è essenziale ai fini della stabilità interna, per aumentare il contenimento della Spd e per limitare la crescita del Linke (la nuova sinistra tedesca). Infatti, sostiene la cancelliera, la dinamica dell'export ha permesso di ridurre la disoccupazione (da 4,9 milioni nel 2005 ai 3,4 milioni oggi, ndr) aumentando gli introiti fiscali. Fatto questo che ha permesso di eliminare il problema del finanziamento delle spese pensionistiche e sociali.
Tuttavia essa riconosce che i cittadini non hanno ancora beneficiato della ripresa per via della stagnazione dei salari, dando quindi adito ad una crescente ostilità nei confronti della globalizzazione. La crescita dell'export tedesco deve essere pertanto messa al riparo della fragilità finanziaria emanante dal sistema anglosassone sia per sostenere il welfare state della Gemania che per uscire dalla deflazione salariale che riduce la fiducia nella globalizzazione.
L'influenza del sistema finanziario anglosassone va quindi ridotta facendo leva sulla dimensione della zona dell'euro ed il forte valore della sua moneta, afferma la Merkel. Il suo punto di vista è opposto tanto a quello campato in aria di Sarkozy, che vuole un rilancio neomercantilista basato su un indebolimento del tasso di cambio dell'eurozona nel suo complesso, quanto al colbertismo d'accatto di Tremonti che non va oltre l'Italia della Lega e delle ex regioni rosse. In Europa, afferma Angela Merkel, si dovrebbero definire regole e sistemi di valutazione (tipo agenzie di rating) in maniera indipendente dai criteri anglosassoni: «il robusto sistema monetario dell'euro non ha ancora assicurato una sufficiente influenza sulle regole che governano i mercati finanziari». La cancelliera si dice favorevole alla creazione alla formazione di una società eurpea di rating volta a sfidare il dominio della Moody e della Standard & Poor. Ognuna di queste frasi è una coltellata per i politici e per le società finanziarie Usa e britanniche.
(Il Manifesto, 12 Giugno 2008)

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