mercoledì 11 luglio 2007

Italia e Spagna, basta che se magna

Hola maricon! Così mi ha accolto il buon Josè di fonte al pretenzioso Hotel Regency a due passi da Via Veneto. Qualche secondo di imbarazzo per valutare quanti capelli in meno (io) e quanti chili in più (lui): “Sei sempre uguale”, “Anche tu”, e lo stempiato e l’imbolsito si abbracciano. Ah, cosa non fanno le magiche frasi di circostanza!
Lui parla un italiano efficace. Io hablo espanol aggiungendo la esse alla fine. Mi preoccupo un po’ per lei: le serate all’insegna dei ricordi universitari in una lingua che non conosci non sono proprio fantastiche. Ma noi italiani siamo brava gente, con gli spagnoli siamo una faccia una razza, basta che se magna. E infatti in men che non si dica ci troviamo di fronte a una pizza a parlare di Zapatero, delle crociate teocon in Italia, delle otto ore da Bologna a Foggia, del catenaccio che ci ha fatto vincere i mondiali. Josè si presta al ruolo di pontiere, lei è carina e non mi fa pesare il mio noio volevan savuar. Alla fine qualcosa ci siamo detti. Scopro che lui si è rotto le palle di fare l’archeologo e ha deciso di lavorare alla reception di un albergo. Da qui capisco l’avversione per le ingiustificate quattro stelle del Regency. Facciamo un giro per Roma by night. Bella all’inverosimile, ‘a Capitale cattura tutti, locali e non. E poi er Cuppolone, che se non fosse per i preti…Scherziamo, facciamo le foto di rito. Loro sono meravigliati per la vita notturna sul lungotevere. Ma non erano gli spagnoli ad avere la movida? Mi dispiace per Simone e Luchino che se la sono presa perché non li ho chiamati. In tempi di revisionismo storico sono diventati legatissimi a Josè. Ci tenevano alla rimpatriata. In effetti sulla strada per Barcellona Luca fece il diavolo a quattro perché alle sette di mattina chiamassi casa dei genitori di Josè per proporgli una colazione con nove sconosciuti all’autogrill. Non riesco ancora a spiegarmi perché alla fine non se n’è fatto niente. Ancora po’ di coda, il cubo di Meier che avvolge l’Ara Pacis, tentativi di tradurre grattachecca in spagnolo e all’una la serata finisce. Con l’impegno di rivedersi. Magari a casa loro, tra Madrid e Toledo. Josè dice che il posto si riconosce dalla puzza di maiale. Pardon, puzzas de maiales...

4 commenti:

Cr!s ha detto...

José josé... chi era costui???

gio' ha detto...

jose, jose, anche a me questo nome non è nuovo...
l'ultima volta che l'ho avvistato si stava abboffando di burrate pugliesi e torte nuziali, proprio al matrimonio di romeo...
in gran forma, senza dubbio, e con la battuta più pronta che mai....

avrei anche voluto postare la "foto ricordo" dell'evento, ma questo maledetto blog non me lo consente!!!

Skanner ha detto...

Cris ti assicuro che non fa parte della lista di coloro che ti hanno lasciato bollette non pagate nella lunga estate di skallele. Quelle che nemmeno la superequazione di Luca Sagah è mai riuscito a scinfiggere...

LucA ha detto...

già, w le tariffe forfettarie.
A proposito, nascosto in questo commento rilancio la balzana idea delle genealogia degli skalellos (more comprese)