giovedì 12 luglio 2007

macchie gialle (e maionese?) su bologna

La mia città si è riempita di macchie gialle, e non riesco a capire perché. Vi racconto la storia così vediamo se ci capite qualcosa voi
[il post è serio, ma prometto che non lo faccio più].

Ponte Stalingrado, duecento metri dalla stazione: bandiere gialle ovunque.
via dell’indipendenza, arteria di snodo tra stazione e vie del centro: bandiere gialle ovunque.
Viali: bandiere gialle ovunque.
Cosa sta succedendo? Un carnevale di mezza stagione? Una manifestazione? Ma di chi, e perché?

Ieri alle sei e quarantacinque, mentre correvo in stazione a prendere il treno, ho cominciato a raccogliere qualche tassello in più e capirci qualcosa. In piazza dell’otto agosto mi sono trovato davanti un corteo (non numerosissimo, in verità) che stava bloccando la strada, ed ho visto gli addetti montare un grande palco in acciaio accanto a dieci- dodici pallonci(o)ni sospesi da terra. Su ciascuno di essi stava scritto “coldiretti”. In giro per la piazza, persi tra i palloncioni, c’erano anche diversi cartelloni. Uno diceva: “Ministro De Castro, tutela i marchi italiani”; un altro denunciava: “importazioni di frutta straniera: +10,8%. Sappiamo cosa mangiamo?”, altri ancora denunciavano la permissività governativa nei confronti dei prodotti OGM e la mancanza di controlli. Si cominciava a capire qualcosa: era la coldiretti che protestava. Ma cosa volevano, esattamente?

Ho continuato a camminare verso la stazione, pensoso, mentre una fiumana di cappellini e magliette gialle sciamava in direzione contraria, dopo essere stata depositata a terra da grandi pulmann. Ho chiesto e mi è stato spiegato che era una manifestazione “contro il governo, che non difende il made in italy”.

All’inizio ero solo contrariato. Ecco, mi sono detto, l’ennesima prova muscolare finanziata dai partiti del centro- destra per fare cagnara contro il governo in una delle sue città storiche (proprio ieri gianfranco fini veniva a “marciare” sul centro storico di bologna, con grande impatto simbolico e mediatico). Poi, per un secondo, mi sono vergognato di me: “ma come”, mi sono detto, “una fiumana di gente viene a manifestare pacificamente le sue opinioni e tu, anziché essere contento, ti rammarichi? Ti vanno bene le bandiere rosse ma non quelle gialle?”. E poi, ho aggiunto tra me e me, non sarà che qualche ragione ce l’hanno pure?

Mi sono affrettato, l’ora del treno si stava avvicinando rapidamente. Ma mentre salivo sul vagone tre, accanto a questa gialla mi sono venute in mente le manifestazioni dei magistrati contro la riduzione degli scatti automatici negli stipendi, quelle dei taxisti contro le liberalizzazioni, quelle dei sindacalisti contro l’aumento dell’età pensionabile, quella dei politici di governo contro se stessi. E per ognuna che ne pensavo, me ne venivano in mente due- tre di ulteriori.
E allora mi è tornata in mente l’espressione letta qualche giorno fa su un quotidiano, dove si parlava di un paese “ridotto come una maionese impazzita”, in cui ogni corporazione urla e strepita contro le altre, a difesa dello status quo, come in un grande medioevo postmoderno. Dove i politici, più ancora che per il fatto di rubare, sono responsabili per il fatto di stare capendo troppo poco- e troppo poco spiegando- che il mondo ci sta cambiando intorno velocissimamente, e che se non cambiamo con lui restiamo a piedi. E dove, peggio ancora, quelli come me sembrano non capire che le cose stanno cambiando, e che ad andare appresso alle belle bandiere rischiano solo di coprirsi di polvere (polvere?) .

Abbracci pensosi,
gio’

5 commenti:

Nico ha detto...

Non disperare Giò: puoi sempre organizzare una manifestazione a favore di chi non ha capito che il mondo sta cambiando. Un po’ di gente verrebbe, tanto è gratis. Vabbè, sarò seria anche io. Il guaio è che, probabilmente, ognuno di loro ha ragione dal suo punto di vista (tranne quelli del family day ovviamente) e ognuno di loro sa che anche gli altri hanno ragione, ma sai che ci frega. E il guaio ancora più serio è che mi sento perfettamente partecipe di questo sistema (brutta parola, ok) che critico. Ad esempio se io fossi una tassista probabilmente sciopererei contro le liberalizzazioni, se io fossi una coltivatrice sciopererei a tutela del made in Italy, se io fossi una spazzina sciopererei contro gli scioperanti che lasciano le cartacce per strada. S’i fossi foco sciopererei contro la legge Sirchia eccetera. Ognuno per sé e tutti contro tutti, consci dell’esserlo, forse quasi fieri. Incapaci, comunque, di cambiare. L’unica cosa su cui sappiamo metterci d’accordo sono le date, di modo che non si trovino due cortei in piazza lo stesso giorno che poi c’è troppa fila per la pausa cappuccino al bar. Non vedere al di là del proprio naso è dannatamente nelle corde umane, temo (ecco perché Mauro ha una visuale più ampia, ah ah). Sappiamo che non si fa così, ma non cambiamo. Scuole superiori a parte, credo che nessuno si sia mai sognato di partecipare a una manifestazione a tutela di diritti che magari non lo riguardano direttamente, ma che comunque ritiene giusti (e comunque tengo a precisare che ho sempre trovato molto ingiusto il fatto che all’Istituto d’Arte non accendessero il riscaldamento prima di novembre). Mauro (e due), tu che te ne intendi: come si chiama quella sindrome per cui tutti sono ambientalisti ma nessuno vuole la discarica sotto casa?

gio' ha detto...

tutto vero nico. hanno tutti ragione e (quasi) nessuno si sogna di manifestare per diritti che non lo riguardano direttamente.
ma questo rimanda una volta di più alle responsabilità della politica: forse non è compito del singolo corporatore/cittadino guardare al di là del proprio naso, ma sicuramente tocca alle formazioni politiche trovare una sintesi tra le istanze singole, e proporre un piano con esse concorde...
e se riuscissero a fare questo...beh, mi starebbe pure bene che dopo rubassero per il loro comodo...

Nico ha detto...

Sono un po' disillusa a dire il vero. Le poche volte che il sistema politico ha cercato di trovare una sintesi (che in molti casi non può che tradursi nel fare capire che si può progredire solo con un sacrificio da parte di tutti) e dunque si è fatto promotore di decisione necessariamente impopolari, è scoppiata la rivoluzione. Mentre il Berlusca ha rischiato di vincere le elezioni semplicemente dicendo che avrebbe tolto l'ICI. Per cento euro i più si venderebbero anche la madre, e pazienza se quello che gli fa risparmiare i cento euro è un criminale conclamato. La politica (e la scuola, e la Chiesa, e ogni istituzione) dovrebbe fare tabula rasa di questa forma mentis (due locuzioni latine nella stessa frase, Davide mi amerebbe) ridisegnando completamente il sistema (e daje con questo sistema). Un colpo di stato a tutti gli effetti, che nessuno vuole perché a nessuno torna utile nell'immediato. L'alternativa, del resto, è succulenta: perseverare nel sistema capitalistico. Il capitalismo puro è fantastico, non lo dico per scherzo: tutti stanno meglio a spese di tutti gli altri, fino al crollo. Finché non arriverà il crollo (e la politica non può impedirlo, potrebbe al limite rallentarlo), perché preoccuparsi? sto diventando qualunquista, me ne rendo conto... scusami.

Skanner ha detto...

La sindome di cui parla Nico si chiama Nimby (not in my backyard). Ovvero: qualsiasi cosa vogliate fare, non fatela nel mio giardino. Questo modo di pensare è nato in seguito a disastri ambientali come Chernobyl ma è evidente che stia diventando un modo di interpretare la realtà più in generale. Certo che, con la scomparsa delle ideologie collettiviste e dell'esaltazione capitalistica dell'"io e basta", sarà sempre più probabile vedere Nimby dappertutto. Chi vive a Roma può tastarlo con mano: basta contare le manifestazioni di tassisti, agricoltori, avvocati, giornalisti che partono da Piazza Esedra. Begli esempi di corporazioni che non vogliono nemmeno sentire la parola "rinuncia", soprattutto in vista di un bene più allargato. Ecco allora la nascita di qualcosa che potremmo chiamare sindrome Nemo, ovvero Nessuno Entri nel Mio Orticello. Il mio nasone prominente fiuta il rischio che questo diventi il futuro dell'Italia. Soprattutto se la miopia della politica continuerà a coccolare tutti quelli che pestano i piedi, dai mastelliani ai rifondaroli, dai teocom ai tassinari, dai no-tav ai pro-tangenziale. Perchè non si può essere contemporaneamente a favore e contro il Ponte sullo stretto, per i poveri e per i ricchi, per la scuola pubblica e quella privata. Oggi la politica è una guerra tra bande e non ha una visione d'insieme. Non ci resta quindi che cominciare a coltivare il nostro bell'orticello. Sempre che ne abbiamo uno.

gio' ha detto...

...ammazza ragazzi....mi sento sospeso tra due sentimenti contrastanti.
da una parte gioia infinita: la discussione mi fa pensare che "qui dentro" potremmo ricostruire la mensa di sant'agata, e ricominciare a farci fiumi di seghe mentali
dall'altra paura: siamo diventati tutti così pessimisti che d'ora in avanti, per mia parte, scriverò solo di ricette e di nascite bicazziali!!!
PS: a proposito, qualcuno ha x caso una ricetta da buttare dentro per "il ricettario/"?