mercoledì 10 ottobre 2007

cosa voglio fare oggi?

voi cosa fareste se aveste la vostra giornata (o le vostre giornate) tutte per voi?
voglio dire, se non aveste le scadenze e gli obblighi del lavoro a strutturare il tempo e le priorità, e la vostra identità professionale a puntellare la vostra identità esistenziale?
a me, così a prima vista, mi sembra un pò come guidare la bicicletta nel deserto: puoi andare in tutte le direzioni che vuoi, ma almeno a prima vista ti mancano punti di riferimento e affordances per il movimento. infinitamente autonomo ed infinitamente spaventato.

mi sento un pò così, in questi giorni. oggi, infatti, parlerò con il mio capo e gli dirò che mi licenzio. e poi si aprirà- dal momento che non ho nuovi obblighi lavorativi immediati- un periodo temporalmente indefinito di autonomia e paura professionali.

cosa fareste voi, del vostro tempo liberato?
io ho piccoli desideri grandi: vorrei vedere i paesini intorno a bologna in bicicletta, riprendere in mano delle letture mie, immaginare e costruire il lavoro nel quale riuscire a vedermi di qui a dieci anni. e poi vorrei passeggiare sull'appennino e cominciare con le percussioni africane. e guardare la mia compagna e guardare me.
poi ho anche tante paure, of course, ma quella è un'altra storia.

ma visto che delle tante paure non mi voglio curare, preferisco soffermarmi sui desideri. sono le piccole oasi per il deserto prossimo venturo. voi dove vi fermereste?

5 commenti:

LucA ha detto...

Le percussioni africane mi sembrano un buon inizio, ma forse la cosa che mi appassionerebbe di piu' e' cercare di scoprire qualche luogo carino e nascosto di Bologna & dintorni.
E poi farei un bello sport di squadra, tipo basket o pallanuoto, per scaricare.
Ma soprattutto volevo dirti in bocca al lupo per la ricerca di una nuova occupazione.

gio' ha detto...

*seconda puntata*
mi sono licenziato....e mi sento straordinariamente leggero!

PS: grazie luca per le dritte =)

Dave ha detto...

Giò, tutte cose belle. Io correrei anche nudo sui prati...me lo hanno sempre impedito.

D.

Nico ha detto...

Boh, tendenzialmente farei un sacco di cose. La palestra, la piscina, il grande classico del volontariato, leggere, scrivere, andare più spesso a trovare i miei, fare un corso di decoupage (che cazzo ridete?), imparare l’inglese per capire i post di Simone, tenere in ordine la casa. Il menù di buoni propositi, lussi e sfizi che mentre lavori ti sembrano una figata irraggiungibile e non vedi l’ora di andare in pensione per immolarvi la tua intera vita è pressoché infinito. Però per onestà devo confessarti che, quando mi è successo di essere a casa senza lavoro (o quando mi succede tuttora, perché il precariato in sostanza è questo: alterni periodi in cui muori di fame ad altri in cui muori di indigestione), il farei è stato molto diverso da ciò che ho effettivamente fatto. Prima mi dicevo che, alle brutte, avrei avuto un sacco di tempo per scrivere. Infatti così è stato, però scrivevo solo cv. E all’ennesimo cv scritto e spedito inutilmente il morale era così nero che non avevo le energie per scrivere altro, a parte un abbozzo di testamento. L’ho presa male, sì, lo ammetto. Ci sono stati giorni in cui semplicemente ho deambulato in pigiama per casa. Ridge e il giudice Santi Lichieri sono stati i miei unici amici, e quando Nicola tornava esausto dal lavoro e mi diceva: “Beata te che non fai un cazzo dalla mattina alla sera, rimpiangerai questi tempi!” avrei voluto ucciderlo. Però va bene anche così. Per il corso di decoupage mi è un po’ scocciato, ma ci si accorge che violentare la propria indole per farla coincidere con l’ideale che ne avremmo non risolve proprio nessun problema, e quindi ci si fa l’abitudine. Vabbè, ti angoscio con questo tristo resoconto proprio nel momento in cui ti servirebbe una carica di energia non per demoralizzarti, ma PARADOSSALMENTE per incoraggiarti. Nel senso: ti capiteranno probabilmente anche giornate in cui il giro per i colli è allettante ma ugualmente te ne resterai in pantofole a cazzeggiare su Internet. Capiteranno mattine in cui ti svegli e hai in mente un sacco di cose, poi arriverai a sera senza averne fatta nemmeno una. Capiteranno e saranno frustranti, ma se ne esce. Fa parte del gioco, quindi niente panico. Hai preso una grande e ottima decisione, te l’ho detto sabato e te lo ripeto ora. Quando rimpiangerai le pantofole e Beautiful sarà tardi: avrai già un altro lavoro a darti l’alibi per non attuare i buoni propositi, i lussi e gli sfizi che quando eri libero non avevi avuto voglia di fare. Sono stata terribilmente seria e me ne dolgo, ma soprattutto volevo dirti anche io in bocca al lupo.

angelette ha detto...

Caro gio, leggo sul blog di questo momento di cambiamento nella tua vita. In questo periodo, per vari problemi, non ho avuto modo di seguire il blog, torno a farlo solo in questi giorni e leggo di questa tua decisione, di questa fase nuova di cui non so molto ma che mi sembra così importante! Non so darti consigli sull'uso del tempo: in genere io, semplicemente, ne perdo una quantità enorme, sto tranquillamente a sentirlo passare, soprattutto nei momenti in cui qualcosa sta accadendo, in fasi decisive, anche se magari tali non appaiono da fuori. Volevo solo dirti che ti auguro davvero che questo tempo ti serva per dare alla tua vita il senso, l'orientamento giusto per te, che ti faccia sentire completo, unito. E che questo cavolo di paese sia ancora in grado di valorizzare persone come te. In verità, dicendoti così, mi sembra di fare un augurio un po' a tutti noi. Sempre più spesso mi sorprendo a usare la parola generazione; penso che noi siamo una generazione, lo siamo perché certe sensazioni e certe condizioni materiali che le dettano ci accomunano profondamente, prima di tutto quella precarietà che ricorre nelle parole di molti, anche in questo spazio virtuale. Ognuno ha sperimentato facce diverse di questa precarietà, ma in generale credo che molti di noi abbiano a lungo vissuto o stiano ancora vivendo una profonda sensazione di incertezza che mi sembra una questione collettiva. Non credo sia solo una questione di formule contrattuali, di garanzie, di 'posto fisso' etc. certo anche questo, ma anche la sensazione di vivere in un paese che ha deciso, sistematicamente direi, di non riconoscere e non valorizzare un'intera generazione. Posto che questa precarizzazione non è affatto ascrivibile ad un processo 'fisiologico' (a meno di non credere ancora alla befana), una enorme responsabilità ricade su gran parte di quella classe dirigente che occupa le istituzioni e che non è stata capace di capire che erodendo sino a questo punto i diritti (non per volontà dello spirito santo, ma attraverso leggi come la legge trenta etc.) avrebbe, semplicemente, sacrificato una generazione: la nostra. Creando per il futuro del paese delle basi di frustrazione che non promettono niente di buono. Ma più passa il tempo, più mi sembra evidente che non siamo noi quelli inadeguati (no no no: siamo molto prestanti, parliamo un sacco di lingue, discutiamo di martelli...perbacco!), ma è questo paese che sta imboccando una via suicida sulla nostra pelle. Questa generazione è fatta di persone preparate, non di rado ben più preparate di quelli da cui si trovano a dover dipendere, eppure non so se esista qualche istituzione in italia in cui qualcuno non dico sotto i quaranta, ma sotto i cinquanta abbia un ruolo di responsabilità o qualcuno nei trenta che almeno veda riconoscere le proprie competenze. Infatti, a parte le gerarchie e il potere di cui francamente non mi frega niente, dico: ma nemmeno il riconoscimento? Questa è una parola molto importante perché ad essa si lega l'identità di ognuno. E il riconoscimento deve essere intellettuale/valoriale e materiale. Il pane e le rose. Non importa se il pane è poco (va bene che siamo cresciuti con dallas ma i più svegli hanno presto sospettato che i soldi non danno la felicità, visto anche il fulgido esempio di Sue Ellen...) ma esso deve sancire il riconoscimento di un attività che è la nostra identità. Solo questo consente di sentirsi interi e di non vivere in una specie di schizofrenia continua che a tratti tutti noi, credo, abbiamo sperimentato. Io almeno sì. Ti auguro tanto giovanni di trovare un 'luogo' progettuale che si fondi sul riconoscimento del valore e del lavoro delle persone. Io penso, per esempio, che l'università dovrebbe essere un luogo così, talvolta lo è, ma troppo spesso non lo è affatto. E questo è disperante, un sacco di gente brava alla fine manda tutto al diavolo ed è l'istituzione che perde quello che sarebbe più prezioso, non le risorse umane ma l'umanità delle risorse. Tutto questo ha a che fare anche con il pd e la sinistra (io sono d'accordissimo, con Davide) e con quello che hai scritto tu sui sindacati; seconde me c'è, in questo quadro piuttosto sconfortante, un fattore molto positivo: chiunque venga a raccontarci che quella di una precarietà generalizzata non è una scelta politica ma un dato di fatto 'naturale' non sarà creduto, semplicemente perché vediamo con i nostri occhi che altrove non è così e sappiamo bene quali conseguenze questo abbia sulle vite delle persone. E anche chi ignora ostinatamente le urgenze di un'intera generazione penso che dovrebbe non ricevere il nostro consenso elettorale, almeno per quanto mi riguarda io ho smesso di darglielo da un pezzo ai ds. Il fatto che il pd non abbia messo al centro una questione (la precarietà, i diritti, il ricambio generazionale etc.) che è, palesemente, al centro della vita di quei giovani adulti (noi) che sono il presente e non il futuro - come spesso in modo rivelatore si dice - del paese, è indicativo. Perché dovrei andare alle primarie? E non si tratta qui di chiedere il posto fisso, si tratta piuttosto di vivere in un paese con un vero stato sociale che garantisca continuità ad un percorso di vita, un paese in cui senti che il tuo percorso ha un senso e avrà un futuro e in cui la classe dirigente che ci ritroviamo assuma un vero atteggiamento sostenibile, pensando alla felicità anche di chi viene dopo. Certo, anche in francia ci hanno provato a introdurre il contratto d'entrata di tre anni, risultato: la rivoluzione. In attesa di una rivoluzione anche nel bel paese (pacifica, per amor di dio, o meglio: politica) goditi il tuo tempo di mutamento che porterà, ne sono certa, cose belle e nuova forza. E scusa la lungaggine.