giovedì 29 maggio 2008

castità all'italiana

se uno andasse appresso a Rizzo e Stella, potrebbe pensare che in italia l'unica casta sia quella dei politici.
e forse sbaglierebbe: perché nel nostro paese, nascoste tra le mille sigle di ordini e corporazioni varie, le "caste" sembrano essere veramente mille e una: notai, giornalisti, avvocati, professori universitari, taxisti, dirigenti pubblici sono solo alcune delle molte istanze possibili per la rinomata "castità all'italiana".

nel libro qui sopra, scritto dall'inviato de L'Espresso Stefano Livadiotti, vengono esaminati in profondità dati e storie relativamente ad un'altra "casta potenziale": quella dei sindacalisti. Livadiotti mostra, tra le altre cose, il mutamento progressivo di "missione sociale" del sindacato, i meccanismi che regolano accesso e progresso di carriera dentro di esso, le cifre che girano intorno alle sigle sindacali.

io ed eloisa abbiamo acquistato il libro, ma ancora non abbiamo preso a leggerlo. per questo non siamo ancora in grado di formulare un giudizio complessivo su di esso, oggi. L'unica cosa che speriamo è di poter tornare qui tra qualche giorno e dire che quelle raccontate dall'autore de "L'Altra Casta" sono solo fesserie: perché constatare che ci sono nemici anche tra i tuoi stessi compagni di strada non è mai facile da digerire.....
buona lettura!

4 commenti:

eloisa ha detto...

Sindacati mon amour

Che dire? Appena reduce da una riunione sindacale per preparare la piattaforma di rinnovo del contratto integrativo aziendale quella che in termini tecnici si chiama contrattazione di 2° livello. E devo dire che non ci siamo proprio….
Ebbene c’erano le nostre RSU…abbiamo discusso per mesi cosa mettere dentro la piattaforma per sottoporla all’azienda. Oggi c’e il posto auto per tutti, i buoni pasto, l’aumento dei premi di produzione e dopo mille battaglie la formazione. Molte cose forse (anzi senza forse) più importanti delle precedenti sono rimaste fuori. Ma in assenza di lucidità e di preparazione W il posto auto….
E da lì capisci perché il sindacato è in crisi….Le RSU quelle che contrattano con i padroni vengono scelte ad minchiam….nella migliore situazione vengono scelti gli "incazzusi" e solo raramente persone che abbiano quelle competenze e quelle finezze necessarie per fare contrattazione.
Lo slogan da cui loro partono è il seguente: l’importante è esserci …poi se non capisci niente di superminimi, di inflazione, premio variabile, monte ore non importa….tanto, male che vada, puntiamo sui servizi (CAF, INCA,Patronati, etc. La verità è che i partiti-sindacati hanno perso il contatto con la base. Sempre con quei soliti slogan da baci perugina e intanto si fanno inculare nel momento in cui si contratta a tutti livelli perché non ci si improvvisa…E allora i ricordi viaggiano a tre anni fa quando lavorarvo per un centro di ricerca parasindacale e a quando partecipai ad un corso di formazione organizzato dal FIOM perché il segretario aveva capito che i rappresentanti sindacali sono, per usare un eufemismo, impreparati.
Insomma non è solo una questione di rapporti di forza!
all’inizio volevo fare la sindacalista oggi dopo avere lavorato presso i loro centro di ricerca, dopo aver fatto ricerche sui contratti collettivi aziendali e nazionali, dopo avere lavorato per i loro CAF, dopo aver conosciuto molti sindacalisti e dopo avere vissuto i luoghi di lavoro ho, con amarezza, cambiato idea!

giovanni arata ha detto...

anzitutto confermo che la ragazza qua sopra, in un mondo migliore, sarebbe una sindacalista perfetta.
e il fatto che sia arrivata a scrivere quello che ha scritto mi sembra, già di per sé, una prova del fallimento dei sindacati stessi: se perdi addirittura la fiducia di quelli che vorrebbero lavorare per te, allora hai proprio perso.

detto questo, e sospendendo il giudizio sul libro (come detto non l'abbiamo letto ancora), posso dire quella che è secondo me l'indice più evidente dell'attuale implosione sindacale.
sto pensando all'incapacità dei sindacati di capire e parlare con il "noi" nuovo che va emergendo nel nostro mercato del lavoro. che poi è il noi cui appartiene (scusate il gioco di parole) la stragrande maggioranza di noi: noi co.co.pro, noi partite IVA forzate, noi autoimprenditori da quattrammazzo, noi trentenni respinti da ogni corporazione.

per i confederali- e non solo per loro- è più semplice parlare con i pensionati, o con quelle porzioni (pur sempre numericamente rilevantissime) di lavoratori "tradizionali".
ma al di là della sorte di chi scrive, e di tutti quelli come lui, la domanda è un'altra: cosa faranno i sindacati quando i pensionati saranno morti, e le fabbriche si saranno tutte trasferite in marocco e malaysia?

Nico ha detto...

*cosa faranno i sindacati quando i pensionati saranno morti, e le fabbriche si saranno tutte trasferite in marocco e malaysia?*
Beh, diventeranno co-co-pro o apriranno partita iva forzata suppongo.
Condivido e sottoscrivo, compagni (di sventura, dico :-))

Skanner ha detto...

Per i sindacati parlare con i vecchi lavoratori non è solo "semplice" come dice Giò: è proprio l'unico modo per sopravvivere. i cococo non sono iscritti al sindacato (non hanno convenienza a farlo) e non portano soldi. Chi difenderebbe mai uno che non ti sostiene? Questo comportamento alimenta un circolo vizioso, in cui i sindacati tirano la coperta verso categorie già privilegiate e ignorano chi non ha niente, come noi. Un comportamento non condivisibile da parte nostra ma, tutto sommato, comprensibile. Ingenuamente si potrebbe dire che i sindacati non sono riusciti ad aggiornare la loro visione, che è rimasta a quella di una società industriale a base operaia, fatta di classi ben definite. Ma chi è abituato a pensar male, non crede alla semplice mancanza di aggiornamento delle categorie. Secondo questa visione più cinica, i sindacati in realtà sarebbero molto coscienti della propria inadeguatezza e punterebbero a fare quello che farebbe chiunque nella stessa situazione: afferrarsi disperatamente a ciò che permette di ritardare l'estinzione imminente. E per farlo non può altro che dar vita a isole di potere non diverse da qualunque isola di potere. Privilegi mascherati da diritti, incapacità, soprusi. I sindacati hanno perso di vista l'obiettivo che avevano sino a 30 anni fa e si sono trasformati in una delle tante caste che paralizzano il nostro Paese. Potremmo anche chiamarle bande, visto che combattono guerre senza quartiere per difendere le proprie posizioni. Proprio come fanno i giornalisti, i tassisti, i notai, ecc... Abbiamo perso la visione d'insieme. Per quanto reggerà tutto questo?