mercoledì 5 settembre 2007

Lavavetri, mafiosi e altre parole

Sulla questione dei lavavetri è stato già detto tanto. Volevo però mettere in evidenza un aspetto che è rimasto un po' tra le righe in questi ultimi giorni, ovvero cercare di ragionare su ciò che resterà alla fine di tutta questa vicenda (che poi è quello che su cui si dovrebbe interrogare un politico responsabile).
Metto subito in chiaro che non concepisco come si possano considerare lavavetri o prostitute come criminali. Non vorrei che facessero i precettori dei miei figli, ma non posso che considerarli come vittime. Sono d'altra parte convinto che il fatto di essere sfortunati non li autorizzi a essere violenti. Il loro diritto a sopravvivere non può scavalcare quello di poter essere liberi di fare una passeggiata senza essere aggrediti. Ma è inconcepibile fare graduatorie fra questi due diritti. Inconcepibile esattamente come lo è stabilire se sia più importante perseguire i lavavetri o i mafiosi (per il semplice fatto che i secondi sono dei criminali e i primi no). Direi però che noi italiani non possiamo permetterci di farne un problema etico: sarebbe veramente ridicolo che qualcuno di coloro che si sono precipitati a difendere Valentino Rossi si ponesse interrogativi etici sul rispetto della legalità. Sappiamo bene che non amiamo le leggi e sarebbe curioso che cominciassimo a essere intransigenti proprio con gli immigrati. Ovviamente ciò non toglie che oggi esista in Italia un problema di violenza diffusa che va risolto, senza nascondersi dietro la solita solfa che ci sono problemi più importanti. Come ha detto Michele Serra nessuno rinuncia a scacciare una mosca perchè è più importante pagare il mutuo. Ma per affrontare il problema ci sono modi molto diversi, che posso definire senza pruriti soluzioni di sinistra e soluzioni di destra, senza possibilità di confusione.
E qui vengo al punto. Siamo convinti che far finta di niente, che non intervenire, così come suggerito da alcune posizioni della sinistra radicale, alla lunga si faccia del bene a queste persone?Il più famoso sociologo americano, Robert Putnam, dichiaratamente di sinistra, ha fatto 30 mila interviste in decine di città statunitensi. Ne è emerso che la diversità etnica è considerata tutt'altro che un fattore di arricchimento sociale, almeno nel breve periodo: sembra che l'eterogeneità scateni invece un senso di sfiducia collettiva che spinge gli individui a chiudersi in se stessi e a diffidare persino della propria comunità di riferimento. Risultati analoghi arriverebbero da altri studi realizzati in Svezia, Gran Bretagna, Australia e Canada. In pratica la diversità imposta e non capita eroderebbe quello che viene definito il "capitale sociale" che naturalmente è tanto più alto quanto più la gente ha fiducia nel prossimo. Ma come fare allora? Senza dubbio un certo sensazionalismo mediatico non ci aiuta ad accettare chi non conosciamo. Per la tv sono tutti delinquenti e faremmo bene a non uscire più di casa. Analogamente pensare che tutti gli immigrati siano buoni finisce solo per ritorcersi contro coloro che provano a cercare una strada per campare onestamente. Allora è giusto astenersi dal fare differenze tra chi lavora duramente in cantiere (spesso sfruttato dai caporali) e chi invece massacra due vecchietti inermi?Ribadisco: per me non è un problema etico ma di costruzione di una società multietnica. Se non ci fosse stata una netta distinzione tra mafiosi e poveracci, ci sarebbero oggi tanti italoamericani onesti e ben inseriti nella società statunitense?

9 commenti:

cristina duranti ha detto...

caro Mauro, la tua richiesta di "allargare" il cerchio del ragionamento per discutere di problemi come questi mi sembra assolutamente doverosa. non possiamo ignorare che la famosa microcriminalità è l'ultimo anello di una lunga catena di cose che non funzionano. è pure vero che di solito questo è il tipico preambolo di coloro che scelgono di non scegliere, che chiedono di puntare a "ben altri problemi" e di evitare di colpire le vittime. secondo me, come in molte altre situazioni di disagio sociale, i due aspetti che tu menzioni: rispetto della legalità e integrazione sociale non possono essere scissi e imbrogliare le carte dell'agenda politica, come fanno questi giorni a sinistra, è un pò scorretto. non tanto perchè spingere sull'acceleratore della legalità è "fascista", ma perchè semplicemente, se l'agenda politica punta tutto e investe i suoi quattrini solo su questo, non si risolve il problema. è come chiudere un campo rom senza creare delle alternative, o pattugliare una strada per evitare prostitute e... indovina un pò: si spostano 2 km a valle o a monte! e qui viene il problema della convivenza multietnica. il problema culturale che tu indichi non riguarda solo l'atteggiamento dei cittadini a scuola, sul lavoro o per la strada, ma riguarda anche la loro disponibilità a investire collettivamente per offrire alternative a queste persone che cominciano a scalare i gradini della nostra società da un (famoso) punto di partenza molto più basso del nostro. per giudicare tutti i cittadini con lo stesso metro legale, fiscale, morale e quant'altro, sarebbe doveroso che tutti partissero nelle stesse condizioni. altrimenti, come sappiamo bene, le asticelle morali, legali, economiche si abbassano. i genitori birmani che vendono le bambine per un piatto di riso ai trafficanti di esseri umani di bangkok non appartengono a un'altra specie umana, nè possono essere tutti considerati criminali. tuttavia, anche in questi casi credo che sia giusto intervenire con entrambi gli strumenti: usare con itnelligenza il bastone della giustizia (anche per le "vittime", pure se più lieve) ma investire per aumentare quelle carote che mettano in condizione le vittime di trovare un modo alternativo di campare. il giorno in cui, come società, avremo la coscienza abbastanza a posto (come dice di averla il Sindaco Domenici a Firenze) di aver fatto il possibile per creare condizioni di partenza uguali anche per queste persone, dovremo chiederci se sia giusto tollerare, usare la mano leggera, quando anche tra questi (come tra tutti gli altri gruppi sociali) troveremo quelli che scelgono le scorciatoie. quelli che preferiscono rubare piuttosto che fare le pulizie, accattonare (o madnare ad accattonare i propri figli) piuttosto che tirar su mattoni, e così via.

gio' ha detto...
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gio' ha detto...

quando l'altro giorno un tg mi ha spiegato che "3 ministri si incontrano d'urgenza per il primo consiglio dei ministri d'autunno" speravo che fosse per qualcosa di più che per l'emergenza microcriminalità.
speravo che fosse per cose semplici tipo: predisposizione di una buona legge per il ripristino del tempo- pieno a scuola (che tra l'altro tutela vecchi e nuovi cittadini), o norme che consentano di limitare l'incidenza degli affitti in nero (che tra l'altro tutela etc etc).

ma è anche vero che guardare sempre "a qualcosa di più importante", criticando quel che si fa, è snob e poco produttivo.
e così eccoci a mendicanti, prostitute ed accattoni.

credo che abbiano ragione mauro e cristina (ma anche il vituperato cofferati, per tacer di putnam) nel dire che una cornice di regole condivisa è necessaria (di più: utile) a tutti in una comunità.
anzi, forse è relativamente più utile ai nuovi cittadini: se arrivo al campo di calcio e voglio giocare, ma a calcio non ho mai giocato, il fatto che ci siano regole certe e conosciute tutela prima di tutto me.

tutto ciò premesso tre battute:
1. credo che l'aspetto dirimente sia quello evidenziato da xtina: associare al "bastone" le politiche di inserimento (vedi tempo pieno e casa). sennò ci scordiamo la convivenza multietnica e la nuova cittadinanza, e restiamo ai poveracci "capri espiatori e muli da soma".
2. temo, scusate il cinismo, che i bottegai fiorentini non avessero così a cuore la "convivenza multiculturale", nel partire a caccia di lavavetri
3. [ancora con cinismo, ma senza volotnà giustificatoria] se io fossi uno straniero, ed arrivassi in un paese dove ci si arricchisce spacciando, truffando, corrompendo (e dove d'altra parte anche ai nativi è difficile ascendere la scala sociale in modo onesto)...ebbene se arrivassi in un paese così, a recuperare qualche spicciolo al semaforo ci proverei anch'io.....
bacioni,
gio'

Jose ha detto...

Credo di non capire tutto, ma quello che capisco...soltanto dirti, abbiamo problemi comuni.

green ideas ha detto...

se ho capito l'argomentazione di Mauro, la questione dei lavavetri (e il clamore che ha sollevato) va interpretata come un problema nella costruzione di una società multi-etnica piuttosto che come problema etico.

Se è corretta la mia interpretazione, non sono d'accordo. Basta un semplice esperimento mentale (supporre ad esempio che il 100% dei lavavetri ai semafori siano italiani) per vedere che il problema come tale resta.

Per me la domanda è: è Lavare-
I-Vetri-Al-Semaforo una pratica sociale 'legalmente' rilevante oppure no?

Per quel che ne capisco io ci sono due distinte questioni:

(1) è un fatto che il lavavetri è percepito come un *aggressore* e il punto sta nel capire perchè sia percepito così (non penso che sia stereotipo razzista)

(2) il problema quindi è se questa *aggressione* giustifica una sanzione legale (dovremmo come società considerare un *reato* il fatto di fare il lavavetri?) o se invece sia qualcosa legalmente irrilevante.

Come tante pratiche sociali, Lavare-I-Vetri-Al-Semaforo è uno scambio sociale. Se tu hai il vetro sporco e vuoi averlo pulito io ti offro un servizio per il quale tu sei disposto a pagare un piccolo costo. Spesso accade questo (io ho il vetro sporco e voglio averlo pulito) e il costo lo pago volentieri.

A volte tuttavia l'atto di cominciare a lavare il vetro è visto come *aggressivo* o meglio è ingiustificato ed il mio *non* pagare il costo dopo che il vetro è stato lavato (contro la mia volontà) a scatenare una forma di punizione nel lavavetri (anche la sola faccia indignata è una punizione).

Quindi, il meccanismo che a parer mio è sottostante al punto (1) è quello delle *promesse* o meglio delle promesse *tacite*. Quando ti prometto che verrò alla tua festa di compleanno e poi non vengo sei giustificato (intitolato) nell'aspettarti che verrò e se non lo faccio ci resti male e spesso ti arrabbi con me. Così funzionano le promesse e le promesse sono questione morale.

Nello scambio sociale le promesse sono reciproche e tacite e, ad essere chiari, pure la *aggressività* è reciproca.

Il lavavetri viola il patto implicito quando comincia a lavare il vetro pur vedendo che la persona che sta per ricevere un beneficio non vuole che lo faccia. Tuttavia il beneficio (il servizio) è stato ricevuto e quindi ci sentiamo in dovere di pagare il nostro costo perchè c'è un senso in cui il lavavetri è giustificato nelle sue aspettative di reciprocazione (in fondo il servizio lui lo ha dato).
Lui riceve quindi un danno da noi.

Questo suo diritto cozza però con il fatto che ha violato un nostro diritto precedente (nessun servizio era stato richiesto). Qui in genere scatta la nostra risposta punitiva (non abbasso il finestrino, mi sposto con la macchina e, in definitiva, non ti pago) che a sua volta scatena la sua risposta punitiva (che il 99% delle volte è una faccia delusa che un pò ti disprezza).

Quando quindi il lavavetri è un *aggressore*? Solo quando ci forza ad assumerci una promessa, facendoci un danno (ci fa sentire in debito ancorchè in modo ingiustificato e non vogliamo sentirci così).

Su questa base, io direi che quindi è sostanzialmente un problema morale in cui vengono violate alcune regole di base dell'interazione umana.

Questo secondo me basta a spiegare il 99% di casi di 'aggressione' ai semafori che peraltro sono sempre limitati ai casi in cui, pur rifiutando il servizio, questo ti viene comunque dato.

Venendo al punto (2), è Lavare-
I-Vetri-Al-Semaforo una pratica sociale *legalmente* rilevante?

A me pare chiaro che non lo è. Se io voglio il vetro pulito e tu me lo pulisci, il problema non si pone. Mi pare ingiustificato decidere che in questi casi si debba parlare di reato.

Al più si potrebbero regolare legalmente le situazioni in cui è corretto parlare di *aggressione*. Ma è un tipo di aggressione tale da portare una persona di fronte ad un giudice? Non è forse difficile definire con chiarezza le situazioni in cui uno *implicitamente* fa capire che non vuole qualcosa? Non sono forse materia vaga di cui la legge non ha i mezzi per occuparsi?

angelette ha detto...

Pensare che uno che sta dietro al vetro del suo fuoristrada o finanche della sua panda possa essere la parte fragile e passibile di aggressione nel confronto con un signore o un ragazzino che sta per ore in piedi al semaforo accanto a un secchio è indicativo - secondo me - di ciò che una città come firenze è diventata. La mia città mi fa sinceramente pena. Firenze è diventata invivibile, avvolta in un perenne magma di traffico ovunque, centro e autostrada. E questo è l'aspetto meno rilevante, secondo me, della sua decadenza. Molto dipende dall'assenza di lungimiranza e anche di coraggio degli amministratori (esempiuccio della migrante: qui a parigi santo Bertrand Delanoe ha installato in un mese centinaia di migliaia di bici che tutti usano per ventinove euro l'anno di abbonamento. Sì, pure i parigini in completo e valigetta che fanno prima e pigliano un po' d'aria o di vivificante smog. I tassisti e varie altre categorie si sono naturalmente incazzati e lui naturalmente non ha fatto una piega. perché questo non è possibile a firenze? è piccola e pianeggiante. perfetta. eppure tutti mi riderebbero in faccia). Ma l'ultima trovata di Domenici (in cerca di un ruolo da sceriffo nel partito democratico, of course) è uno di quei magnifici segni che involontariamente rivelano tutto un mondo: dopo il gran rifiuto della procura, il sindaco di sinistra riorganizza tutta l'ordinanza intorno al vero nucleo culturale di firenze e del paese: la tutela dell'automobilista. L'automobilista non può essere rallentato o turbato. Deve masticare tranquillamente il suo ciuingam, cantare i Pooh o scaccolarsi in pace dietro il vetro fumé, avvolto nell'aria condizionata, per poi sgommare alla conquista di due metri nell'ingorgo che soffoca la città da dieci anni. Se uno gli chiede una sigaretta attenta alla sua sicurezza. Non c'è proprio più spazio per nessun gesto infunzionale nella vita del fiorentino, un sorriso, un'occhiata a quella della macchina accanto, un'incazzatura col lavavetri. Del resto io ho sentito delle brave persone lamentarsi del ben noto rigagnolo del lavavetri che sporca la carrozzeria, come fosse un oltraggio al pudore. Cara cristina, il tuo giusto ragionamento di sistema non sfiora nemmeno lontanamente non dico i cittadini, ma nemmeno i giornalisti, gli analisti, gran parte dei politici di sinistra (a me è piaciuto cacciari stavolta) Con un'ordinanza a zero lire domenici fa centro: ha capito che i cittadini ormai sono anzitutto automobilisti, solletica la loro arroganza e il loro razzismo, li illude persino che il vero problema di legalità a firenze siano i lavavetri!!! roba da pazzi. Non è gente come Cioni che mi lascia allibita (nelle sezioni ds ho visto cose che voi umani...) ma il livello ormai generalizzato di miopia della città e, soprattutto, della sinistra (si accettano disambiguazioni semantiche della parola) che continua a guardare fuori dalla finestra con un microscopico microscopio. credete che si "allargherà il cerchio del ragionamento" nel partito democratico? non mi pare. che si fa, si manda la duranti?? si elimina fisicamente rutelli?? si spiega pazientemente a veltroni che tra madre teresa e berlinguer, tra kennedy e mastella, tra domenici e billy the kid c'è comunque una sottile differenza?

green ideas ha detto...

è Domenici un altro politico che altro non è che un pragmatico pworco che intercetta lo stomaco satollo popolare. fa'
il pworko sapendo che è la via facile per ottenere, grufolando, ciò che vuole. Btw, il
buon Veltroni si piazza davvero qualche spanna sopra questi intercettatori di intestini appensatiti, o così mi pare.

Resta però una domanda inevasa su chi siamo noi come massa. Come siamo diventati una città che vive l'altro come *fastidio* o *scocciatura*? Quanto può essere fascista anelare ad una situazione in cui l'orrida quiete pubblica non sia turbata?

Un tempo all'ingresso dei paesi c'erano cartelli colmi di speranza che con orgoglio dichiaravano: questo è un comune denuclearizzato.
Mi aspetto ora, entrando a Firenze, di trovare un lapide che reciti qualcosa come 'questo è un comune dove si riposa in pace'.

Sogni d'oro a tutti coloro che vogliono dormire in eterno.

gio' ha detto...

green ideas si domanda "chi siamo diventati come massa", se temiamo gli altri come la peste?
a me sembra la domanda giusta, per capire i lavavetri ed il resto.

e mi sembra che chiami in causa almeno tre profili interconnessi.
1.probabilmente noi come paese- il paese dei campanili e dei neri ancora additati per strada- siamo intrinsecamente tra i meno preparati per abbracciare i flussi migratori e gli altri rimescolamenti collegati alla globalizzazione.
2. a me, come singolo individuo- massa, è stato insegnato che il senso della vita è gratificarmi e "avere successo". e già sono incazzato e incerto per il fatto di non riuscire a raggiungere questi "fini"; figuriamoci se riesco anche a trovare il tempo per sorridere a quel rompicoglioni al semaforo.
3.[forse il più serio] quelli che paghiamo per aiutarci a superare gli scogli di cui a punto 1. e 2. (scuole mezzi di informazione, partiti politici soprattutto) appaiono se possibile ancor più incapaci dei singoli di comprendere e metabolizzare i cambiamenti.

e tutti questi punticini, così diligentemente snocciolati, mi lasciano con la solita, annosa domanda: "che fare"?
rimuovere la lapide alle porte di firenze? sorridere di più al semaforo? riprendere con i corsi gratuiti di italiano?

PS x angelette: a proposito di "sinistra", non trovi curioso che, fin dai tempi di siena città chiusa, le più fulgide esperienze di cripto- fascismo le produciamo noi?
PPS x green ideas: in che consisterebbe il "volar più alto" di wv su questi temi?

Skanner ha detto...

Come è possibile arrivare sino al punto di odiare qualcuno solo perché pretende di lavarci il parabrezza quando non vogliamo? Siamo arrivati al punto cruciale del discorso. Qui non discutiamo i meccanismi cognitivi che ci fanno pensare che questo gesto sia solo fastidioso o addirittura criminale. E nemmeno se sorridere e fare l’elemosina sia meno egoista che incazzarsi e chiudere il finestrino.
Penso che sia cruciale capire per quale motivo la società (quasi nel suo complesso) consideri la presenza dei lavavetri come una minaccia o come il segnale di una tragedia imminente. Qualcuno potrebbe tacciare la questione come un problema di razzismo tout court. Io non credo che ciò basti a spiegare il fenomeno. Una cosa è certa: le posizioni si stanno polarizzando e non esiste alcun dialogo fra le parti. Un po’ come per quasi tutti i problemi italiani, che vengono affrontati sempre e comunque da una prospettiva ideologica.
Quando sono al semaforo mi chiedo se dare tutti i giorni un euro a un poveraccio serva a risolvere qualcosa. Mi chiedo cosa ci sia di diverso dal fare l’elemosina, tipico atto di carità cristiana e di altre religioni. La sinistra ha sempre biasimato l’elemosina perché è sono un modo per ripulirsi la coscienza (sporca) e non di risolvere i problemi più in generale.
Allora limitiamoci a dire che chi si fa pulire il vetro è più caritatevole di chi non lo fa. E chi non si lamenta per i lavavetri è meno egoista di chi lo fa. Quanto poi ciò possa servire a colmare le differenze tra ricchi e poveri resta un’incognita. I mendicanti sono sempre esistiti. Sono una specie di elemento inevitabile delle società capitaliste. Una posizione progressista dovrebbe puntare a permettere al mendicante di non vivere d’elemosina e non certo a considerarlo una normalità. Per cui se permettiamo di lavare i vetri ai semafori al massimo siamo caritatevoli e non progressisti. Per quello dovremmo chiedere politiche di integrazione.
Altro discorso è quello della violenza. Se parliamo di lavavetri la questione è poco interessante visto che queste aggressioni in pieno giorno sembrano abbastanza improbabili. Ma ci sono altre situazioni più preoccupanti. A Roma la sera è impossibile parcheggiare senza che qualche personaggio poco rassicurante venga a pretendere il suo euro. Qui la dissuasione semipassiva del semaforo non è praticabile: se non paghi non sai come troverai la macchina. In altre situazioni lo chiamiamo pizzo e chiediamo allo Stato di combatterlo. Un signore che pedalava su una delle poche piste ciclabili romane (membro di critical mass?) si è beccato una sprangata in testa solo perché possessore di un cellulare. Mi sembra difficile pensare che accettare che questi episodi ci renda più “di sinistra”. Forse ci rende più caritatevoli, in omaggio al precetto evangelico del “porgi l’altra guancia”. Ma niente di più.
Viene da chiedersi se fare una passeggiata la sera sia da classificare come vizio borghese. Così come possedere una macchina intatta. Oppure se vivere in un ricco paese occidentale sia di per sé una colpa da punire con atti violenti di qualsiasi natura. Credo che l’unico risultato che si ottiene ignorando questi fenomeni sia quello di alimentare il senso d’insicurezza pubblico e quindi la paranoia e il terrore verso il diverso. Tutte condizioni che spingono la gente a chiedere politiche xenofobe di destra. Chiedere sicurezza non è da fascisti. Far finta di niente ci regala pure un bel patentino di sinistra ma un sacco di nuovi fascisti pronti a menare le mani.
Se vogliamo costruire una società multirazziale in cui un giorno i figli dei rumeni siedano nei banchi di scuola assieme ai nostri figli non possiamo far altro che chiedere politiche d’integrazione che non ignorino il problema della sicurezza. Altrimenti non ci resta che chiuderci in casa e sperare che la sprangata se la becchi un altro.